Nell’Area Ellenofona, storicamente
conosciuta come Bovesia, per il ruolo esercitatovi da Bova,
il territorio che va da Melito Porto Salvo, vallata del
Tuccio, a Bruzzano Zeffirio, in questa parte più
meridionale della penisola resiste ancora un’antica
lingua: il greco di Calabria ed esistono i greci di Calabria.
Una minoranza speciale giacché. se è minoranza
per il numero dei parlanti, di contro è maggioranza
per l’identità culturale in quanto rappresenta
quella di tutti i calabresi.
Indiscutibile è l'importanza del periodo bizantino
per la Calabria: cinquecento anni di presenza caratterizzano
un popolo, determinando radicazioni di culture e analogie
in una vasta area che aveva Costantinopoli come riferimento.
Ci troviamo in un'Area Ellenofona e dobbiamo chiederci da
quale abisso del tempo ha origine questo ellenismo: se si
collega senza interruzione alla civiltà della Magna
Grecia o se, essendo stata questa interrotta dal processo
di latinizzazione romano, dalla nuova ondata di ellenismo
che si verificò nel periodo bizantino o se i due
momenti vanno visti con continuità per cui il secondo
ridiede vigore alla resistenza preesistente.
Certo è che l'Impero Romano d'Oriente, costituito
dall'incontro di tre filoni, romano, cristiano e greco orientale,
una miscela di esperienze diverse, fa scaturire un nuovo
popolo plasmato culturalmente dall'eredità greca
con il rigore della veste romana. Questi filoni vengono
ad incontrarsi nel Mediterraneo determinando la nostra storia.
L’Italia viene riconquistata sotto Giustiniano entrando
a far parte dell’Impero Romano d’Oriente, ma
mentre nella parte settentrionale l’arrivo dei barbari
interrompe quest’appartenenza dopo appena mezzo secolo,
la Calabria vi rimane legata per oltre cinquecento anni,
fino alla metà dell’XI secolo con una radicazione
della cultura bizantina che si manifesta nelle tradizioni
e che determina profonde analogie all’interno di un’area
che aveva Costantinopoli come riferimento. E come ad Alessandria
d’Egitto, a Costantinopoli e in altre località
di quello che fu il grande Impero Romano d’Oriente,
c’è la resistenza di una lingua greca, così
nell’Area Ellenofona.
Molti asceti si trasferiscono in Calabria da altre parti
dell’Impero al punto che alcune zone sono popolate
soltanto da monaci.
La cultura e la religiosità bizantina rimangono in
auge fino alla dominazione dei Normanni, i quali in ossequio
agli accordi presi con il Papa di Roma procedono, seppur
con molta cautela, alla latinizzazione che interessa sia
l’aspetto religioso che quello linguistico. Il resto
lo fanno poi gli spagnoli.
Ma nonostante gli sforzi delle classi dominanti, la lingua
greca rimane ancora in uso come ci dimostrano documenti
notarili non solo di Bova ma anche di Reggio Cal., di Squillace,
di Nicotera e Catanzaro.
Un’ulteriore prova della vivacità della lingua
greca ci viene data dall’immigrazione, storicamente
documentata, dei moltissimi greci che, per evitare la dominazione
turca, dalla madre patria arrivano in quest’area agevolati
nel loro insediamento da una popolazione parlante la loro
stessa lingua e praticante lo stesso rito religioso.
Tale realtà iniziò a sgretolarsi in ragione
della dominanza della cultura latina e dell’imposizione
del rito latino nelle Diocesi della grecità calabrese
in ossequio alle direttive pontificie conseguenti al Concilio
di Trento.
Ultimo faro della grecità calabrese rimase Bova,
la Chora, poichè la sua Diocesi fu l’ultima
ad abbandonare il rito bizantino per opera del vescovo latino,
di origine cipriota, Stavrianos, che il 30 gennaio 1573,
impone definitivamente il rito latino.
Questa perdita ha fatto perdere alla Calabria il suo polo
di attrazione, una perdita pesante dovuta alle forze dominanti
in Occidente che hanno condannato all’oblio, hanno
fatto perdere la coscienza storica, la tradizione della
Calabria dall’età di Giustiniano al XV secolo.
Quando cade una civiltà il problema non è
dei vincitori ma dei vinti, della loro capacità spirituale,
se sono capaci, cioè, di trasmettere qualcosa.
Si parla di minoranze etniche da salvare, ma c’è
una differenza: mentre gli albanesi, gli occitani, costituiscono
degli emigrati del lontano passato, quando si parla di Greci
di Calabria si parla del popolo calabrese: perdere la lingua
greca della Bovesia significa perdere l’essenza del
sud della Calabria.
Il discorso della grecità calabrese non può
essere ridotto ad un problema di minoranze etniche, anche
se l’ epicentro è nei Paesi in cui si conserva
la lingua, l’apprendimento della lingua greca ha il
significato del risveglio della propria coscienza etnica.
La collaborazione tra Bova Marina, Area Ellenofona della
Bovesia, e Bivongi, Area Bizantina dello Stilàro,
costituisce la saldatura tra quegli aspetti greco-bizantini
che caratterizzano la “maggioranza culturale della
Calabria”, perchè coinvolgono tutti i calabresi.
I temi prescelti per il convegno in occasione della ricorrenza
San Giovanni Therestìs, che è organizzato
ogni anno il primo giorno a Bova Marina, per opera dell’Universtà
per la Terza Età, e il secondo a a Bivongi , per
opera del Sacro Monastero degli Apostoli – Istituto
di Studi Ortodossi in Magna Grecia “ San Niceforo
il Solitario”, consente degli approfondimenti storici
e un contributo al recupero di una identità che ha
subito nei secoli attacchi violenti verso una forzata omologazione
estranea alle tradizioni e alla cultura locali, con il forzato
oblio dei cinque secoli più determinanti, rappresenta
un tentativo per il recupero di una capacità spirituale
mai sopita, per il risveglio di un sano orgoglio di appartenenza,
per la riappropriazione di una identità storico-culturale
forte capace di scuotere il popolo calabrese.